ESMO CONGRESS 2021 PER L’ITALIA
PIÙ FORTI DEL CANCRO
La profilazione genomica del tumore
In gergo medico, ha un nome complicato e un po’ oscuro per i non addetti ai lavori: profilazione genomica tumorale. Ma se vogliamo usare termini più semplici, si tratta di una tecnica che consente di ricavare una sorta di carta d’identità del tumore del paziente, sulla quale sono annotate tutte le mutazioni che le cellule cancerose hanno subìto nell’organismo di un determinato individuo. Il suo ruolo è importantissimo: permette infatti di caratterizzare il singolo tumore, in modo da poter determinare con la massima precisione possibile una terapia personalizzata sul singolo paziente.
Grazie ai progressi della ricerca scientifica, oggi sappiamo infatti che non esiste il tumore ma oltre 200 tipi diversi di malattia oncologica in ognuno dei quali è possibile rilevare delle mutazioni che ne guidano la crescita e la diffusione. Sulla scia di questi progressi sono stati sviluppati farmaci “mirati” in grado di assicurare maggiore efficacia rispetto a terapie standard come la chemioterapia o la chirurgia e minori effetti collaterali. Per identificare i pazienti che possono beneficiare di trattamenti specifici sono necessari i test genomici; è possibile analizzare il DNA tumorale con una metodica chiamata Next-Generation Sequencing che consente di identificare contemporaneamente tutti i diversi tipi di alterazioni genomiche in più geni in una singola analisi con una profilazione genomica ampia (Comprehensive Genomic Profiling, CGP).
La profilazione genomica è stato uno dei temi più importanti affrontati nel corso dell’edizione di Esmo di quest’anno, perché si trasforma in un vantaggio decisivo: più si conosce con precisione l’avversario da combattere, più sarà facile scegliere le armi più giuste per affrontarlo al meglio. E questo si traduce in un vantaggio sia per il paziente che per il medico: il primo avrà la certezza di assumere la terapia migliore per lui, il secondo potrà valutare meglio la prognosi. Si generano, inoltre, benefici anche per la sostenibilità del sistema sanitario, perché sprechi, inefficienze e ritardi che possono associarsi a percorsi di diagnosi e cura non personalizzati si riducono. La profilazione genomica ha costituito un passo avanti enorme per la ricerca, se ripenso a quando ho cominciato questo lavoro, mi sembra quasi impossibile.
Il mio primo ricordo di un contatto con l’oncologia risale ormai a quasi quarant’anni fa. Ero all’università, tra il terzo e il quarto anno di Medicina, e frequentando il corso di oncologia medica mi resi conto di essere di fronte a una delle discipline che più ti fanno sentire davvero un medico. L’oncologia è una sfida formidabile, la vera frontiera della ricerca biomedica, uno dei campi in cui l’evoluzione comporta realmente passi avanti concreti. Lo avevo intuito già all’epoca, ma oggi posso dire con certezza che lavorare nella ricerca in questo settore ti dà davvero l’idea di apportare il tuo contributo alla storia della medicina. Già, perché la ricerca è soprattutto un lavoro in team, non certo individuale. E crea un senso di appartenenza alla comunità scientifica molto forte, con la consapevolezza di essere uniti tutti per il perseguimento del medesimo obiettivo. Ciascuno guidato da due caratteristiche fondamentali: quella curiosità scientifica che ti porta a condividere lo stesso principio di Galileo, per cui ogni conoscenza è parziale e per questo va sempre approfondita; e l’umiltà che ti porta ad andare avanti ogni volta, senza mai cadere nell’errore di accontentarsi e fermarsi al primo risultato utile. Quando cominciai questo lavoro, avevo un obiettivo ben chiaro davanti a me: se un giorno, grazie alle mie ricerche, fossi riuscito a salvare la vita anche di un solo paziente, mi sarei potuto ritenere soddisfatto. Ebbene, per fortuna questo è accaduto più di una volta. Ma guai a considerarsi più forti del cancro solo per questo: sarebbe un’illusione credere di aver capito certi meccanismi o l’efficacia di una certa terapia, perché il tumore cambia di continuo e il lavoro del ricercatore non deve smettere mai. La vera grande soddisfazione di chi fa ricerca, il suo più grande successo, è vedere la qualità della vita di un paziente migliorare sensibilmente.