Le novità nella cura del tumori ginecologici (Domenica Lorusso)

ESMO CONGRESS 2021 PER L’ITALIA

PIÙ FORTI DEL CANCRO

Le novità nella cura del tumori ginecologici

Ci sono grandi novità quest’anno nel campo di tutti i tumori ginecologici.
Le tre più importanti? Nel cancro delle ovaie, in quello dell’endometrio e in quello della cervice uterina. Per il tumore ovarico abbiamo una nuova classe di farmaci, i parp-inibitori, che possono essere somministrati al termine della chemioterapia, quindi come mantenimento per tenere sotto controllo la malattia, oppure anche come farmaci di seconda linea, cioè da utilizzare in seguito a una recidiva. Per quanto riguarda il tumore dell’endometrio, sono stati fatti passi da gigante: almeno due nuovi studi clinici hanno dimostrato l’efficacia dell’immunoterapia, confermata anche da un’altra ricerca secondo cui la combinazione tra farmaci immunoterapici (per esempio pembrolizumab o dostarlimab) e un inibitore orale come il lenvatinib, allontani la recidiva e aumenti considerevolmente la sopravvivenza rispetto alla chemioterapia.

Ottime novità dalla ricerca anche nel campo del tumore della cervice uterina: uno degli studi più recenti verrà presentato proprio durante l’evento di quest’anno e dimostrerà gli ottimi risultati raggiunti dai farmaci immunoterapici in abbinamento con la chemioterapia. La ricerca nei tumori ginecologici non è mai stata così fruttuosa. Far parte di questo mondo è un motivo di orgoglio, più ancora che il coronamento di un sogno che coltivo dai tempi dell’università. Sono ventitré anni che mi impegno in questo campo e mi considero una privilegiata perché sono una donna che cura le donne: i tumori ginecologici hanno una valenza particolare, per la loro tremenda capacità di ripercuotersi non solo sulla salute della paziente, ma anche su quella della famiglia. Se sta bene la donna, sta bene tutta la società. Me ne resi conto molto presto, quando da specializzanda in ginecologia e ostetricia la rotazione dei turni in ospedale mi portò in ginecologia oncologica. Proprio in quei giorni il primario, che stava creando una sua nuova squadra, decise di affidare a me il primo protocollo di ricerca. Mi appassionai così tanto a quel protocollo che riuscii a ottenere risultati sorprendenti. Non solo: fu un’esperienza terribile e potente al tempo stesso, perché mi imbattei in storie di donne che avevano l’età di mia madre la cui vita era distrutta. Capii che quella era la mia strada.

Promisi a me stessa di diventare un medico diverso da quello che, quando ero bambina, curò il tumore di mio nonno: era freddo, silenzioso, distaccato, distante. Io volevo essere il medico che mi sarebbe piaciuto avere per curare me. Spero di esserci riuscita. Si può essere più forti del tumore? Gandhi diceva che se non puoi cambiare il mondo, puoi farlo con quello di qualcuno vicino a te: io credo di averlo fatto con quello di una donna che aveva sei mesi di vita, ma che sono riuscita ad allungare a oltre tre anni. La sola idea di poter contribuire a cambiare anche una pur minima parte delle cose, mi emoziona nel profondo.