L’ematologia e le strategie future (Michele Cavo)

ESMO CONGRESS 2020 PER L’ITALIA

PIÙ FORTI DEL CANCRO

L’ematologia e le strategie future

Michele Cavo

Direttore dell’Istituto di Ematologia “Seràgnoli”
Azienda Ospedaliero-Universitaria Sant’Orsola di Bologna

L’ematologia ha avuto un ruolo di spicco nelle scoperte che hanno cambiato il corso dell’oncologia: proprio una neoplasia del midollo osseo, la leucemia mieloide cronica, è stata per esempio il primo tumore in assoluto per il quale è stata trovata una stretta associazione tra la malattia e la presenza di un’alterazione cromosomica, il cosiddetto cromosoma Philadelphia, che a sua volta era causa dell’alterazione di due geni coinvolti nell’insorgenza della neoplasia. Un’alterazione genica che poi è diventata la base per la prima terapia a bersaglio molecolare nel trattamento dei tumori, esempio paradigmatico di quella cosiddetta “medicina traslazionale” che ha consentito di ottenere nel corso degli ultimi anni avanzamenti significativi nella terapia di molte malattie ematologiche e oncologiche e di raggiungere risultati impensabili sino a pochi anni fa. Al riguardo ricordo il titolo di un editoriale di commento alla pubblicazione di un mio studio pubblicato nel 2005, il primo che dimostrava come la talidomide in associazione a desametasone fosse superiore rispetto alla classica chemioterapia “VAD” (vincristina, doxorubicina e dexametasone) nella riduzione della malattia in preparazione al successivo trapianto di cellule staminali autologhe in pazienti con mieloma multiplo di nuova diagnosi. Il titolo era: “La morte della chemioterapia con regime VAD”, una previsione che si è avverata in tempi molto brevi grazie a nuove classi di farmaci che l’hanno soppiantata, cambiando radicalmente le strategie di intervento. Si tratta degli immunomodulanti e degli inibitori del proteasoma, come il bortezomib. In un altro studio pubblicato nel 2010 ho dimostrato come il bortezomib fosse in grado di potenziare ulteriormente l’attività di talidomide prima del trapianto autologo. Una tappa importante, che ha portato l’agenzia europea del farmaco EMA ad approvare il trattamento con bortezomib, talidomide, e desametasone come terapia di induzione prima del trapianto di cellule staminali autologhe. In 15 anni a oggi, dunque, l’armamentario terapeutico si è ulteriormente arricchito di nuove classi di farmaci, come gli anticorpi monoclonali anti-CD38 ed antiSLAM7, gli anticorpi monoclonali coniugati a farmaci o tossine (immunoconiugati), gli inibitori delle esportine e di BCL-2. Questi avanzamenti ci hanno indubbiamente reso più forti nella lotta contro il cancro ed hanno significativamente migliorato la terapia del mieloma multiplo. La sopravvivenza dei pazienti è almeno triplicata rispetto ad appena dieci, quindici anni fa. L’efficacia delle terapie è ottimale nel 60-80% dei pazienti, con elevate percentuali di negativizzazione della minima malattia residua, anche nei pazienti con mieloma multiplo ricaduto/ refrattario, e circa il 20-25% dei malati può essere considerato potenzialmente guarito. Ulteriori passi avanti sono vicinissimi: attesa entro il prossimo anno l’approvazione della prima immunoterapia cellulare adottiva con cellule CAR-T, ed altre immunoterapie dirette contro l’antigene di maturazione B linfocitario (BCMA) sono state recentemente approvate. Queste cure superano i classici meccanismi di resistenza ai farmaci e consentono di offrire ulteriori concrete speranze a tutti i pazienti. I risultati di queste ricerche sono rilevanti al punto che gli algoritmi terapeutici (le linee guida) devono essere aggiornati a un ritmo sempre più serrato. Quello che ne deriva è un messaggio di ottimismo per i pazienti con mieloma multiplo, ed anche se non possiamo ancora assicurare a tutti la certezza della guarigione, certamente possiamo consentire a molti di loro di godere di un controllo della malattia per lungo tempo, e con una buona qualità di vita. La ricerca prosegue incessante, ed è solo grazie a questa che siamo e saremo sempre più forti del cancro.