Il punto sulla ricerca oncologica. Intervista al prof. Ciardiello

ESMO CONGRESS 2019 PER L’ITALIA

PIÙ FORTI DEL CANCRO

Il punto sulla ricerca oncologica. Intervista al prof. Ciardiello

L’importanza della ricerca, troppo spesso messa in discussione da incompetenti sul web e sui social, è fondamentale per la cura di ogni malattia. In campo oncologico negli ultimi anni si sono registrati molti passi avanti, risultati impensabili fino allo scorso decennio e che già sono visibili da parte di molti pazienti. Una delle novità più importanti, propedeutico poi a nuove ricerche, sono i test genetici per analizzare il DNA, grazie ai quali è possibile individuare con precisione ogni dettaglio del tumore. Il giornalista Massimiliano Scafi, de ‘Il Giornale’, ne ha parlato con il prof. Fortunato Ciardiello, past president ESMO, e direttore del dipartimento di Oncoematologia dell’Università Vanvitelli di Napoli. Riportiamo qui il testo dell’articolo. In calce il link originale. Buona lettura.

Carlo Buffoli

“Gli studi stanno rivoluzionando le cure. Così hanno salvato 13 milioni di italiani”

L’ex presidente della Società oncologica europea: “Nei laboratori si fanno solo chiacchiere? Non è vero. Contro il cancro ottenuti risultati impensabili”

“E ora non si dica che la ricerca oncologica è ferma”. A parlare è di Fortunato Ciardiello, ordinario di oncologia medica alla Seconda università di Napoli e, fino a tre settimane fa, presidente dell’Esmo, la società europea di oncologia medica. Il test del sangue per identificare otto fra i tumori più aggressivi annunciato venerdì da un gruppo di ricercatori americani di Baltimora, negli Stati Uniti, può essere davvero la strada giusta per una diagnosi sempre più precoce.

Professor Ciardiello, pensa che questo test possa aiutare a prevenire il cancro?

“È un passo avanti essenziale. Finalmente, grazie alle nuove tecnologie sempre più sofisticate, riusciamo a individuare anche piccolissimi gruppi di cellule sospette che circolano nel sangue. E grazie a quelle possiamo risalire all’origine del tumore in una fase molto precoce”.

Eppure tanti oncologi, scettici, pensano che anche questa sia una di quelle ricerche fatte di parole ma mai di applicazioni pratiche.

“Questi oncologi sbagliano e tutto quello che è accaduto negli ultimi anni lo dimostra. Faccio un esempio: sei anni fa nessuno di noi riponeva speranze nell’immunoterapia. Oggi invece sono stati sviluppati farmaci intelligenti, a bersaglio mirato, efficaci e in grado di ridurre gli effetti collaterali delle terapie. Stesso discorso per le terapie ormonali”.

Forse le critiche puntano sulla lentezza dei lavori nei laboratori.

“Ovviamente non cambia tutto in tre mesi in oncologia. Ma è pericolosissimo dire che non si muove nulla. Il test del sangue che ora in America costa 500 dollari, 10 anni fa sarebbe costato 5000 dollari. E magari un giorno verrà addirittura passato dal sistema sanitario nazionale. Anche questi aspetti fanno parte di un sistema complesso che si evolve e che valuta anche i costi dei farmaci”.

A livello pratico, che vantaggi porta il test del sangue?

“Ne porterà parecchi, almeno su tre fronti. Su quello dello screening migliorerà i tempi delle diagnosi e la precisione con cui identificheremo le cellule tumorali. Avrà un’applicazione anche nella fase post operazione o post terapia perché consentirà di controllare, con un’analisi del sangue, se qualche cellula tumorale è ancora in circolazione nell’organismo. E infine servirà a correggere in corso d’opera una terapia, sostituendo farmaci che si stanno rivelando inefficaci con altri più specifici”.

Perché, ogni volta che viene pubblicata una scoperta, scoppiano anche le polemiche. Sarà mica in corso una guerra tra istituti di ricerca?

“No, nessuno si fa la guerra. C’è rivalità, questo si. Ma noi ricercatori abbiamo imbastito una collaborazione mondiale, un network indipendente dalla bandiera politica e dalla nazionalità”.

Gli italiani se la cavano?

“Direi di sì. Nel pool di questo ultimo studio c’erano anche ricercatori italiani. E poi ricordiamoci che le ricerche chiave per la biopsia liquida sono merito di Alberto Bardelli, università di Torino”.

Ci dica un altro risultato importante.

“Tre milioni di italiani, che ora sono in vita, sarebbero morti senza le terapie. Nel 1984, quando mi sono laureato io, solo una donna su due sopravviveva al tumore al seno. Ora il 90% vive dopo 5 anni dalle terapie. Sono risultati che solo 5 o 6 anni fa non avremmo nemmeno immaginato. In trent’anni abbiamo rivoluzionato le cure, quindi non possiamo non continuare a sperare e lavorare”.

Massimiliano Scafi