La diagnosi precoce resta la vera arma per sconfiggere il cancro. Lo screening, cioè i controlli periodici cui tutti dovremo sottoporci in base alle linee guida, resta fondamentale per la diagnosi precose di tumore. Sono due passaggi chiave che oggi possono essere gestiti in modo semplice e con poco impegno. Ormai quasi tutte le forme di tumore possono essere sottoposte a screening. E’ quindi fondamentale informarsi dal proprio medico di medicina generale, e seguire le indicazioni che molte ASL in Italia inviano ai cittadini al compimento dell’anno di età previsto per il singolo screening. Non a caso è proprio in occasione della giornata mondiale contro il cancro ci sia questo appello ‘mondiale’ che deve essere ascoltato e rilanciato. Ci aiuta Tiziana Moriconi sul quotidiano La Repubblica. Riportiamo qui il testo dell’articolo, mentre in calce troverete il link all’articolo originale. Buona lettura
Carlo Buffoli
Più diagnosi precoci per battere il cancro. L’appello nel World Cancer Day
Nel 2018 oltre 18 milioni di persone hanno avuto una diagnosi di tumore: 5 milioni avrebbero potuto essere scoperti in fase precoce. E strategie migliori potrebbero evitare 3,4 milioni di morti all’anno
Cosa farai contro il cancro? Lunedì 4 febbraio è il World Cancer Day2019, la giornata giusta per provare a rispondere. Tutti possono contribuire alla campagna, mettendoci la faccia, letteralmente: creando poster o immagini da condividere sui social, lanciando un messaggio o raccontando la propria storia sul sito worldcancerday.org. Chiamare cittadini, organizzazioni, istituzioni e stati ad impegnarsi attivamente in azioni concrete è esattamente l’obiettivo di questo movimento globale, unico nel suo genere, promosso dalla Union for International Cancer Control (Uicc). Ed è anche il motivo conduttore della nuova campagna triennale che viene lanciata oggi “I am and I will” (“Io sono e sarò/farò”) sostenuta nel nostro Paese, tra gli altri, dalla Associazione italiana per la ricerca sul cancro (Airc) e dalla Società Italiana di Urologia Oncologica (SIUrO). Quest’anno i riflettori del World Cancer Day puntano sulla diagnosi precoce: nel 2018 – riporta la Uicc – nel mondo si sono avute più di 18 milioni di nuove diagnosi; oltre 5 milioni erano tumori a seno, cervice, colon–retto e cavo orale che potevano essere scoperti prima di quanto non sia avvenuto. Si stima, nel complesso, che mettendo in atto le strategie più appropriate per la prevenzione, la diagnosi precoce e il trattamento, ogni anno potrebbero essere evitate 3,4 milioni di morti.
QUANDO IL TUMORE E’ SCOPERTO ‘PRIMA’
Che in molti casi gli screening e la diagnosi precoce migliorino la sopravvivenza e la qualità di vita dei pazienti, riducendo il costo e la complessità dei trattamenti, è ormai assodato, come ha ricordato uno studio pubblicato sul British Medical Journal appena qualche giorno fa.
Negli Usa, il tasso di sopravvivenza a cinque anni per le donne con un tumore della cervice uterina diagnosticato in stadio avanzato è del 15% contro il 93% dei casi in cui non si è ancora diffuso. La stessa forbice si ritrova nei paesi meno ricchi. In India, per esempio, i tassi sono del 9 e del 78% rispettivamente. Nel nostro paese, i tumori al seno diagnosticati ogni anno in fase già metastatica sono circa il 7% dei nuovi casi (3.400 l’anno, oltre 8 al giorno), con una sopravvivenza a 5 cinque anni del 30% rispetto a una media dell’87%. Sul piano economico, nei paesi ad alto reddito i dati ci dicono che curare un tumore ai primi stadi è dalle due alle quattro volte meno dispendioso che trattare le fasi metastatiche. Tornando agli Usa, per esempio, si stima che la diagnosi precoce faccia risparmiare ogni anno circa 26 miliardi di dollari.
CONOSCERE PER PREVENIRE
Nel nostro paese la sopravvivenza a cinque anni è tra le più alte in Europa per molti tumori ed è aumentata rispetto al quinquennio precedente sia per gli uomini (54% contro il 51%) che per le donne (63% contro il 60%). Circa 3,3 milioni di persone hanno una diagnosi di cancro alle spalle. E sono diversi i fronti sui quali bisogna ancora agire. Il primo è la consapevolezza delle persone, che devono essere informate sui fattori di rischio e sulla prevenzione primaria, visto che solo modificando lo stile di vita si potrebbe evitare circa il 30% dei casi di cancro. Gli studi sulla prevenzione primaria continuano a confermarlo: una ricerca finanziata dall’Airc e condotta dal gruppo di Alberto Mantovani, direttore scientifico dell’Istituto Humanitas di Rozzano (MI), ha osservato che la diminuzione di circa il 30% dell’apporto calorico riduce la produzione di fattori di crescita e citochine che favoriscono l’infiammazione e la comparsa di tumori.
DIETA E NON SOLO
Altri due studi, anche questi realizzati con il contributo di Airc, suggeriscono che una dieta ricca di frutta e verdura e con quantità elevate di cereali ricchi di fibre faccia diminuire le probabilità di ammalarsi di tumori della testa e del collo, mentre l’olio di oliva extravergine avrebbe un ruolo protettivo nei confronti dei tumori intestinali. Se il fumo è poi un fattore di rischio noto per il cancro del polmone, non tutti sanno che è implicato in molte altre neoplasie, tra cui quelle uro–genitali. “Il fumo di sigaretta è responsabile, da solo, del 50% dei tumori al tratto urinario”, ricorda Alberto Lapini, presidente nazionale della SIUrO. Che sottolinea il peso di altri fattori come dieta, sedentarietà, consumo di alcolici e sovrappeso nell’insorgenza del cancro al rene e alla prostata. La prevenzione primaria passa anche per i vaccini. Basti pensare che in Australia, grazie a quello contro il papillomavirus umano (Hpv), si stima che il cancro al collo dell’utero sarà eradicato entro 20 anni. In Italia la campagna vaccinale è attualmente rivolta agli adolescenti di entrambi i sessi.
PUNTARE SULLA DIAGNOSI PRECOCE
Tornando alla diagnosi precoce, il primo fronte su cui agire è l’accesso agli screening oncologici. Che, per i tumori del collo dell’utero e del colon–retto, possono permettere di intervenire prima ancora che si sviluppi la neoplasia. Eppure questo dei programmi organizzati è un punto su cui permangono grandi differenze regionali, sia dal punto di vista dell’implementazione da parte delle istituzioni sia da quelle dell’aderenza da parte dei cittadini. Infatti, nelle regioni del Sud e delle isole, dove gli screening oncologici sono ancora poco diffusi, non si è osservata la riduzione della mortalità e dell’incidenza dei tumori della mammella, del colon–retto e della cervice uterina.
Vi sono poi le questioni della disponibilità dei servizi di patologia per la diagnosi, della possibilità di ottenere i referti in tempi rapidi, dell’accesso ai test genetici per i casi in cui sia evidente la familiarità, con la conseguente attivazione di percorsi di prevenzione ad hoc per le persone sane ma con mutazioni Brca, che presentano quindi un alto rischio di sviluppare alcuni tumori. Ogni Stato – dice la Uicc – si deve impegnare a ridurre lo stigma sociale del cancro, ad educare i cittadini, ad adottare e a far funzionare al meglio i programmi di screening per la popolazione e, in generale, a implementare programmi di diagnosi precoce, a rafforzare il percorso clinico – dal sospetto diagnostico al trattamento – e ad aumentare gli investimenti sul fronte della diagnosi.
Un ultimo punto su cui lavorare riguarda le barriere psicologiche che spesso portano le persone, in particolare gli uomini, a ignorare i possibili sintomi di una malattia oncologica. Remano contro la percezione del genere maschile nell’immaginario collettivo, la mancanza di messaggi per la salute diretti agli uomini, la paura e il senso di vergogna che ancora oggi accompagna il cancro. Nel Regno Unito, un’indagine ha rivelato che una persona su 4 non approfondirebbe un possibile sintomo per paura della diagnosi.
Tiziana Moriconi